LA STORIA VINCITRICE

Lauretta e il tennis

Laura vive di sport, qualsiasi sport, lo fa per passione, le dà da vivere. Il tennis non l’ha mai praticato, ci avevamo provato un paio di volte. Un giorno l’hanno iscritta ad un torneo importante, tanto che non ci voleva credere: proprio io, a 40 anni? Non so giocare bene! Come quando si organizza per il lavoro, ha preparato la borsa da tennis, quella da torneo, dove devi portare tutto. Il completino lungo, le racchette almeno due, il cappellino, il sole picchia forte sulla testa, le palle: non devono mancare mai. Iscriversi al torneo non costa nulla ma devi usare le tue, spesso serve solo far vedere che le hai. Se vivi in una grande città giochi in casa, grandi stadi, al pari di San Siro e del San Paolo, a Roma c’è il Santo Spirito. Arrivi e ci sono già un sacco di persone, spogliatoi pieni di giocatori, altri che arrivano con le borse, e il pubblico è lì che aspetta già con i biglietti in mano, altri in coda per acquistarli. Ma come avranno saputo del torneo? Il torneo esiste da sempre, ma oggi c’è più gente che gioca, e ci sono più possibilità di non essere eliminati al primo turno. E poi ci sono giudici arbitro, giudici di linea e un sacco di raccattapalle veloci come neanche quelli in televisione: tutti vestiti di bianco. Il pubblico è lì, misto con i giocatori, nascono amicizie, si chiacchiera del giudice arbitro, del giudice di linea, del raccattapalle, del tuo avversario. Poi la tua partita inizia.
Il match è duro, il torneo ha regole strane. Se vinci il primo ciclo giochi il secondo. Se vinci il primo match non giochi più, se ti chiamano per la seconda partita è perché non avevi vinto la prima. L’avversario spesso gioca dei colpi vincenti che lasciano il segno sul tuo corpo. Dentro il tuo corpo, nella tua testa e in quella di chi ti sta accanto che è il tuo allenatore, il tuo coach e il tuo tifoso allo stesso tempo. Tifano per te e ti supportano. Ti supportano e ti sopportano, perché non è facile essere tifosi, basta distrarsi un attimo per diventare semplici spettatori. Ecco, Lauretta ha finito la sua prima partita, ha fatto due set e ha subito un colpo vincente. Stanca ha riposto la sua borsa e iniziato a tifare per la mamma che sta al secondo set, l’arbitro sta decidendo se una palla era fuori o dentro. Intanto anche la mia mamma vuole giocare un po’ e sta palleggiando. Io tifo per loro e Laura con me: l’importante è vincere, non partecipare.

L’ AUTORE

FABIO GLIONNA
Sono nato a Torino, dove ho quasi sempre vissuto, il 1° aprile 1969 da papà Cosimo e mamma Chiara, originari di Spinazzola, un piccolo paese della provincia di Bari al confine con la Basilicata e con il mondo. Ho una figlia di 13 anni di nome Barbara.
Sono laureato in ingegneria aerospaziale, ma il caso ha voluto che abbia sempre fatto l'informatico, e in particolare per 15 anni mi sono occupato di sistemi informativi per la gestione dei risultati di competizioni sportive. (4 Champions League, 2 Mondiali di calcio, 2 Europei, 2 Mondiali di sci, 2 Mondiali di atletica, 5 Olimpiadi). Ora continuo a fare l’informatico per cose “normali”.
Giusto dopo l'evento del 4 aprile torno a lavorare all'estero, sembra che in Italia non ci sia posto per me. La mia compagna Laura vive a Roma.
Da bambino volevo fare il maestro di tennis, e da allora coltivo la passione per questo sport, mi piace sciare, e fare in viaggi in moto, adoro la Vespa con la quale ho attraversato tutta l'Italia.
Mi piace cucinare, dicono che prepari bene il coniglio e il tiramisù.

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